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Con riferimento alla recente nota a firma del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, in quanto tale, assurge a ricoprire il ruolo del Capo della Polizia Penitenziaria, ancora una volta recepiamo palesemente la conferma di quanto lo Stesso non abbia alcuna considerazione del personale del Corpo e/o ne disconosca (volontariamente, considerate quotidiane segnalazioni che raggiungono i vertici dipartimentali) le criticità in cui versano le condizioni lavorative del personale medesimo.

La nota sopra citata, GDAP.15/04/2024.0163830.U, indirizzata all’Ufficio per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di Polizia, si fa portatrice di una proposta che non solo appare paradossale ma inappropriata considerandone contenuto e destinatari: deroga all’obbligatorietà di pensionamento al 60° anno di età con “offerta” di scelta di permanenza in servizio per ulteriori anni 2 (due) per tutto il Comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, con specifiche di indirizzo relativo al grado ricoperto.

Se pur si volesse interpretare tale intento connotandolo di sfumature benevole rivolte al personale, una domanda sorge spontanea: MA DA CHE PULPITO ARRIVA LA PREDICA, ops, LA PROPOSTA?
Come si può solo pensare che vi possano essere colleghe e colleghi disposti ad assecondare un fabbisogno di unità emergenziale al quale il Dipartimento, sino ad ora, non ha voluto dare alcuna risposta concreta di risoluzione se non attraverso spot politicamente pubblicitari ma non di certo efficaci, per il quale le politiche di benessere, sostegno e tutela, più volte richieste quale minimo placebo alle condizioni
disumane alle quali sono esposti i Poliziotti e le Poliziotte Penitenziarie negli Istituti, non hanno mai suscitato alcun interesse nei vertici dipartimentali che hanno, invece, continuato a voltarsi dall’altra parte e a perpetrare investimenti di ogni genere sul benessere dei ristretti, assecondandone richieste, pretese e desideri…???
Forse l’evidente incapacità di ascolto e di interesse in tutto ciò che accade e che grida “DISASTRO” ha offuscato un qualsivoglia obiettivo concreto di RICOSTRUIRE un ambiente lavorativo degno per un Corpo di Polizia, mentre si corre a recuperare parole come “PROFESSIONALITA’ ED ESPERIENZA” NEL SOLO INTENTO DI GIUSTIFICARE LA FALLIMENTARE GESTIONE di un comparto sicurezza dello Stato attualmente avvilito, svilito e depauperato di ogni potere decisionale anche in ambito specificatamente giuridico ( si pensi solo a quanto fanno solletico oramai i rapporti disciplinari contestati ai detenuti…).

Non sarà proporre un aumento di età pensionabile a ridurre il gap che il turn over riferito al quinquennio 2023/2027 sta per verificarsi…già da tempo bisognava pensare a quanto sarebbe accaduto, e non sarà un tentativo di porre una “TOPPA UMANA” all’incapacità organizzativa della macchina penitenziaria a sottrarre, da parte di questa confederazione, l’apice dipartimentale alle Sue responsabilità, anzi, IRRESPONSABILITA’ gestionali!

ABBIAMO TOCCATO IL FONDO, ABBIAMO DIRITTO A CHIEDERE CHE TUTTO CAMBI E CHE AL GOVERNO DEGLI UOMINI E DELLE DONNE DELLA POLIZIA PENITENZIARIA POSSA ESSERCI UNA GUIDA DEGNA DI TALE RUOLO E CHE SI PONGA AL FIANCO DEL PERSONALE, e non volgendosi dall’altra parte accorgendosi del vuoto solo a proprio comodo.

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