Con riferimento alla nota trasmessa in visione alle OO.SS. con nota GDAP 0135937.U, con la quale veniva presentata una bozza afferente la materia di cui all’oggetto, duole, ancora una volta, prendere atto che questa Amministrazione non intende adoperarsi per alcun superamento o, almeno, giusta compensazione dei disequilibri esistenti tra uomini e donne in termini numerici e lavorativi generati da una anacronistica visione di assunzioni ancorata alla norma di riferimento risalente al 1990.
Più volte e proprio in occasione del precedente DM in medesima sostanza sono stati segnalati, riferiti, GRIDATI quasi atteggiamenti incomprensibili perduranti nei confronti dell’impiego delle donne del Corpo di Polizia penitenziaria palesemente sbeffeggiate dai numeri e disponibilità, quindi, di aspirare a progressioni in carriera o, semplicemente, a rispondere ad interpelli per posti in uffici e sezioni prestigiose
considerate le “offerte” disponibili per il genere femminile in tali occasioni.
Il Comitato Pari opportunità già nel 2017 aveva segnalato discrasie evidenti contenute nel DM di allora tutto silenziato, senza seguito! La presenza di donne nel Corpo di Polizia Penitenziaria era una novità introdotta appena 29 anni fa con la Legge 395 del 1990 e rappresenta oggi il 9% del personale tra gli agenti (il 7% tra i sovrintendenti e il 12% tra gli ispettori). La normativa vigente secondo cui “il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria da adibire ai servizi in Istituto all’interno delle sezioni deve essere dello stesso sesso dei detenuti” determina una presenza di unità del Corpo strettamente “dipendente” dai numeri, per genere, della popolazione carceraria costituita prevalentemente da presenze di genere maschile.
Eppure esperienze europee (come quelle di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Francia e Germania) ci indicano che l’impiego delle donne della Polizia Penitenziaria è consentito anche nelle sezioni maschili, salvo che per talune operazioni (es. perquisizione dei detenuti) per le quali l’intervento di stesso genere è obbligatorio per la salvaguardia della dignità sia del ristretto che dell’operatore.
E una positiva considerazione in tal senso sembrava essere stata fornita con nota GDAP 0212669.U del 31 maggio 2022 (che si allega) del Direttore Generale del Personale, Dott. Parisi, quando in un’ottica di valorizzazione del prezioso contributo che da sempre il personale femminile di ogni ruolo assicura all’Amministrazione penitenziaria, ma anche in considerazione che nessun limite, ad eccezione di quanto previsto all’art.6,co 2, della legge 15 dicembre 1990, n.390, è rinvenibile rispetto all’impiego in servizio del personale femminile”, riconducendo quale unico limite all’impiego “indifferenziato” di genere il servizio di vigilanza ed osservazione nelle sezioni detentive, MENTRE TUTTI I SERVIZI DI POLIZIA PENITENZIARIA ALL’INTERNO DEGLIISTITUTI PENITENZIARI POSSONO ESSERE ASSICURATI DA PERSONALE MASCHIELE E FEMMINOLE SENZA DISTINZIONE ALCUNA.

Ma allora, viene da chiedersi: perché ci si ostina nuovamente a produrre numeri così scandalosamente discriminatori nei confronti delle Donne di Polizia Penitenziaria?

La risposta che ci aspettiamo (oramai sentita e risentita più volte) è che un intervento in tal senso dovrebbe trovare un supporto normativo adeguato ed aggiornato e che consta di tempi non sempre rispondenti alle esigenze organizzative, eh! Ma sono decenni che si richiede una modifica normativa, il tempo ci sarebbe stato eccome se solo si avesse voluto fare un intervento serio in tal senso.
La palese discriminazione trova radice e giustificazione nei ridicoli numeri di posti messi a concorso a partire da allievi agenti, per poi proseguire in modo distorto intellettualmente a ruoli di concetto, per i quali non si comprende affatto l’esigenza di costituire una così deforme dissonanza di acceso alla carriera. Per fare un esempio gli ultimi concorsi per accedere ai ruoli per i sovrintendenti infatti, hanno previsto soli 172 posti femminili, pari al 6% (contro 2.679 posti maschili) e 35 posti femminili per gli ispettori pari al 5% (contro i 608 maschili). Per gli agenti la percentuale aumenta al 22%, con 196 agenti donne e 678 agenti uomini. Diviene, quindi, ovvietà, considerati i numeri complessivi del personale, formulare in percentuale anche i posti previsti per articolazioni dipartimentali e/o regionali, che generano un amaro sorriso nel sol considerare come può esserci una differenza di genere da un atto amministrativo prodotto dal genere femminile piuttosto che maschile (perchè stiamo arrivando a questo) e non si può che pensare che forse, a questo punto, davvero l’unica chance di cambiamento possa arrivare solo da un concreto ascolto attivo, che ci traghetti verso una rivoluzionaria speranza di ricostruzione e riabilitazione positiva del Corpo così come spesso annunciata e dichiarata dalle S.V. in indirizzo.